La morte di Roberto De Simone è un’eco che risuona in un già esistente e doloroso vuoto. Piange, di e con lui, chi, da quegli anni, ha vissuto la definitiva capitolazione di un mondo che mai più sarà. Non è una considerazione nostalgica, badate bene, e nemmeno un esercizio di facile pessimismo. Parlo d’altro. Racconto di un tempo contadino in cui l’identità ci apparteneva come peso faticoso e brutale, che non ammetteva sconti quando affermava che “la terra è bassa” e lo faceva con tratti antiestetici e decisamente poco amichevoli, eppure, di pura lirica poetica, di verace quanto eterna bellezza. Il Sud ha subito, almeno, due importanti e gravi furti. Il primo fu commesso al tempo dei maledetti Savoia, che lo rapinarono economicamente dell’oro e delle ricchezze e, contemporaneamente, disintegrarono l’avanzatissimo tessuto economico-industriale che al tempo poteva orgogliosamente vantare. Nel secondo, e ancora più doloroso scippo, "il Nord" disintegrò il tessuto connettivo...
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