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2 - Vasi comunicanti.


 

La storia dell’Arte ci propone un gran numero di artisti che, in qualche modo, dominavano diverse arti. Basti pensare a Giorgione del quale si dice fosse un buon musicista, a Leonardo, Michelangelo, e (per me roba di cuore) soprattutto Caravaggio e Bernini.
Mi ha sempre incuriosito il ricercare le tracce di queste “competenze” nelle opere di ognuno per potere quindi ritrovare gli “effetti collaterali” d’una visione artistica.

Per un musicista la questione è essenziale.

Come si forma un musicista e soprattutto perché?
Il primo passo è l’attrazione irresistibile e misteriosa per lo strumento, per quei suoni e in certi casi, per l’ambiente, i personaggi.
Quindi il primo passo è la pura passione e curiosità.

Arrivano poi i rudimenti. Ovvero l’alfabeto essenziale (gli accordi, la tecnica di base dello strumento, la lettura musicale) e un ascolto sempre più mirato.
In questa fase si va per imitazione
Quindi il secondo passo è l’acquisizione della disciplina di studio e l’affinamento dell’ascolto selettivo.

Per ora fermiamoci.

Già da questi primi appunti, è evidente il principio dei vasi comunicanti: Perché alcuni riescono a incanalare il loro fiume vitale e creativo in modo, per la propria felicità, produttivo?

E punto per punto: come si può non amare il proprio lavoro, cioè l’attività che regola 1/3 della nostra vita? Come è possibile tarpare la curiosità negli sviluppi, i nuovi approcci, e quindi la progressione nelle competenze? La risposta è provocatoriamente facile: pochissimi sono nelle condizioni di scegliere il proprio lavoro.

Secondo punto: si studia lentamente.
Forse non è chiaro… SI STUDIA LENTAMENTE.
Per due ordini di motivi: il primo attiene alla ricerca della perfezione che però essendo per sua natura irraggiungibile, ci regala come risultato la precisione. Il secondo è l’apprendimento della disciplina che, lungi dall’essere quella patetica roba fascistoide, è invece puro amore.

La disciplina è la consapevolezza della lenta progressione. Dell’uno + uno = Tre,
così fondamentale nei rapporti di coppia (non è questione di natalità… Ve ne parlerò), che ci permette di acquisire fiducia nelle nostre capacità, qualche secchio di serotonina e ci insegna a dominare le emozioni controproducenti. Studiare lentamente (e duramente) significa riempire le parti profonde del cervello di buon vino da invecchiare, d’una scorta di positività che nei momenti difficili farà la differenza.

L’argomento ascolto selettivo attiene invece all'attenzione, al focus, al discernimento, alla profondissima comprensione. Ve ne parlerò.

Ho conoscenti che hanno scelto il “lato oscuro della forza”. Corsi farlocchi (ma riconosciuti) di coaching, laurea triennale privata ottenuta in 9 mesi e con grossi aiuti alternativi, enormi problemi dell’area narcisistica. Per loro il “tutto e subito” è la necessaria droga per zittire le proprie insicurezze. Che preparazione credete che abbiano? Come risuonano sulle loro labbra quegli slogan, frasi fatte e storielle edificanti motivazionali, che ripetono ( e fanno ripetere) convinti? Ecco! In questo paese allo sbando c’è posto per questa spazzatura.


Eccolo tornare imperioso il vero problema di questa società che ho tratteggiato in un post precedente: l’individualismo (anche nella formazione, nelle nostre capacità, nella costruzione d’una professionalità) dovrebbe andare di pari passo con le regole che sempre noi stessi dovremmo realizzare attraverso le nostre scelte politiche (pratiche! di sostanza! Non ideologiche).
Dobbiamo ricostruire una società guidata da un’identità collettiva, capace di accogliere e aiutare attraverso la meritocrazia e un sistema di assorbimento progressivo queste capacità, questi sforzi…
Altrimenti , a mio giudizio, è la catastrofe (anche peggiore di quella quotidiana a cui assistiamo impotenti).

Alla prossima


Grazie dell’attenzione.
Valerio Perla

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