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La mia utopia necessaria.

 


Il mondo è bellissimo, l’umanità, a volte, è abbastanza orrenda.
In questa affermazione c’è una condanna: l’equilibrio che regge l’umanità, nei rapporti tra i popoli, è una pozza di sangue e di orrore.

Il potere, l’accaparramento delle risorse e l’argine al potere altrui, sono e rimangono la centralità nelle tessiture diplomatiche tra nazioni. C’è una relazione tra questo e lo sdoganamento collettivo della violenza, della crudeltà? Oppure sono fenomeni in costante simbiosi?
L’ultimo caso, quello di Prigozhin, è solo uno dei tanti. Intendiamoci: non ho nessun dispiacere per la sua fine, era un assassino a capo di un’organizzazione di assassini e al servizio di un altro assassino, ma il vedere tutte le diplomazie mondiali comportarsi come altrettante bande di assassini, non riesco ad accettarlo come normale. Non sono uno sciocco, ma voglio qui mettere l’accento sulla necessità della forza rivoluzionaria delle utopie e degli ideali.

Gli ultimi decenni hanno subdolamente svuotato il senso di queste parole legandole alle illusioni, all’inconsistenza di un sogno adolescenziale, alla inutilità pragmatica del vivere, come un ostacolo alla sua ricerca di costante e produttiva, praticità. È questo, a mio giudizio, un colossale errore e corresponsabile di quello che ci assilla di questa modernità distopica.

L’essere umano ha, per la fragilità della sua natura, l’impossibilità ad affrontare il nodo essenziale di quello che disconosce. Temi inevitabili come la morte, il senso stesso del vivere, sono stati e rimangono ancora, oggi misteri insondabili. L'umanità affronta questi con la forza dell’immaginazione, della proiezione e della fantasia; lo fa da sempre affidando poteri, mai dimostrabili, a entità superiori. Oppure, ed è quello su cui oggi ragiono, affidandosi alla straordinaria forza “laica” delle utopie, della speranza, degli ideali. 



La santa Treccani recita:
utopia /uto'pia/ s. f. [dal nome di un paese ideale, coniato da Tommaso Moro, che così intitolò un suo famoso libro (1516), comp. del gr. oy "non" e tópos "luogo"; quindi "luogo che non esiste"]. - [idea o progetto che non può avere attuazione: convinciti del fatto che la perfetta uguaglianza fra gli uomini è un'u.] ≈ (fam.) castello in aria, (lett.) chimera, fantasia, fantasticheria, ideale, illusione, miraggio, sogno. ‖ desiderio, speranza. Il suo contrario: dato di fatto, realtà.

Quindi: chimera, fantasia, fantasticheria, ideale, illusione, miraggio, sogno.
Eppure “utopia” era il volare, l’andare sulla luna, il voto alle donne, la democrazia in Italia (ai tempi del fascismo). Utopia folle era, se mai è esistito, la visione di Gesù del ”ama il prossimo tuo come te stesso”, utopica era la forza contundente del messaggio non violento di Ghandi, utopica la visione dell’uomo nuovo del socialismo, utopica era la vittoria sul fascismo di quei pochi ragazzi arroccati sulle montagne durante le prime fasi della resistenza.

“Le utopie del popolo sono il terrore dei potenti”.  Ricordo questa frase campeggiare su di un muro di Salerno alla fine degli anni ’70 e la lettura che ne faccio oggi, sfrondata dalla retorica rivoluzionaria del tempo, me ne ridà un senso nuovo eppure antico.

L’essere umano ha bisogno, per sopravvivere alla sua parte malvagia, della forza delle utopie, degli ideali. Ha necessità di credere al suo riscatto infinito e inimmaginabile. Ha bisogno di sognare per immaginare e quindi, così facendo, attivare la sua capacità creativa. Ha bisogno delle utopie come potente motore che alimenta la capacità di sognare, di migliorare la sua condizione di vita, di sperare, e ha bisogno degli ideali per riportare nell’alveo della collettività, della giustizia collettiva, quel meraviglioso sogno individuale.

Io sogno, e quindi voglio, un mondo senza guerre e assassini, dove la violenza e la guerra, come risoluzione dei conflitti, siano messe al bando per il semplice e incontestabile fatto che le guerre generano solo morte e sconfitti e non sono mai volute dai popoli.
Sogno, e voglio, un mondo che dedichi i soldi spesi in armamenti e ricerca per gli stessi, al miglioramento della condizione umana, alla giustizia sociale, alla applicazione senza confini, dei diritti dell’uomo, del sapere.

Sogno, e voglio, un mondo senza il dominio incontrastato delle multinazionali senza etica, voglio un mondo senza colonialismi.

Voglio, utopicamente (?!) voglio, un’Italia senza mafie e massonerie, dominata dalle competenze e dalla meritocrazia, voglio un’Italia che annienti i corrotti e i corruttori, che combatta senza tregua questo devastante analfabetismo funzionale che ci sta distruggendo. Voglio che si rimettano al primo posto la Scuola e l’Università, la sanità pubblica e la Cultura attraverso il motore delle Arti. Voglio un paese moderno senza più pluri-miliardari e poveri disperati.
Voglio un mondo senza il militarismo esasperato delle superpotenze, senza la loro politica estera sanguinaria e ipocrita.
Voglio un mondo libero dal capitalismo tossico che ci sta portando con sé nel precipizio del suo fallimento.
Voglio una terra ancora degna di essere vissuta per questi bambini e ragazzi e per quelli che verranno.

Sperare in questo, come vedete, è utopico ma necessario.
Sperare in questo, tiene sempre sveglia la necessità di non arrendersi e di combattere.
Perché per me, ma non sono certo solo, utopia è, e rimane, la speranza di in futuro migliore.

E voi che mondo sognate?

Valerio Perla

ph. Harley Goodman (Thanks! 💙 )

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