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Questione di identità


Questione di identità

Che succede? Di chi son figli questi giovanissimi mostri che stuprano e uccidono? Questi branchi di bestie che dimostrano un vuoto interiore siderale e un livello culturale e intellettivo imbarazzante persino tra i maiali? Che scuole hanno frequentato, che ambienti, che futuro immaginano? Che succede col terrore della diversità, le paranoiche ossessioni complottiste, i deliri antiscientifici, la xenofobia e il razzismo così diffusi? Che succede con l’ignoranza e la diffusione oramai capillare dell’analfabetismo funzionale? Che succede con questa paurosa regressione sociale (e intellettiva) oramai sotto gli occhi di tutti?

Mi sto convincendo che tutto questo sia solo un fiorire di sintomi, sicuramente di concause, ma la “malattia” è altra e viene da molto lontano.

Sono del 1967 e non del ’27! Mio padre era del ’28, mia madre del ’37.

Tuttavia, certe cose, stento  a comprenderle. Cosa ricordo del mio passato, della mia formazione, qual é la differenza con l’oggi e in qualche modo è significante?

Stiamo parlando di ragazzi nati dopo il 2000 da genitori  più o meno della mia generazione.

Vediamo com’era la situazione PRIMA del 1980:

1. La televisione aveva due canali fino al 1979 (poi arrivò il terzo canale) e il suo indirizzo era prettamente formativo. Significava che TUTTA l’Italia vedeva trasmissioni di altissima qualità anche nell’intrattenimento leggero ( e i nomi erano Riva, Mina, Chiari, Totò, Macario, Gassman, Mastroianni, Manfredi, Sordi, Vitti, Valeri, Ninchi, Fabrizi…), degli sceneggiati bellissimi (Dostoevskij, Cechov, Alcott, Bronte, Fogazzaro, Gogol, Verga, Deledda, Hugo… ) interpretati da attori straordinari, insomma programmi MAI indegni e soprattutto mai violenti. Le scene di omicidio efferato si risolvevano con un primo piano di un coltello insanguinato e un grido fuori scena… Punto. Il resto te lo dovevi immaginare. 
Nel 1981 cominciò la televisione commerciale. Dallas, Dynasty, tette e culi.


2. Il marketing pubblicitario, negli anni ’50 e ’60 si stava appena affacciando e le pubblicità non avevano un carattere manipolatorio e secondi fini. Fino al 1981.


3. Il pensiero generale era: studia! Parla italiano e rispetta in modo sacrale chi ne sa più di te: maestri, professori, dottori, laureati e… intellettuali e artisti.


4. La comunità scientifica diceva una cosa? Tu la facevi. Ti vaccinavi. Ti facevi curare. Studiavi. Il professore ti cazziava? A casa prendevi il resto con gli interessi.


5. La politica era una cosa seria. I politici anche. 
Comunisti, Democristiani, Socialisti, Repubblicani e frattaglie, stavano da una parte. I fascisti, i razzisti e gli xenofobi stavano nelle fogne. Punto.

Perché si veniva da tempi e persone che il fascismo lo conoscevano bene e allora come oggi è e rimane un reato, non un’opinione. 

Perché esistevano i partiti che avevano il ruolo fondamentale di mediazione tra il sapere accademico e il popolo, una mediazione propria degli intellettuali, che raccoglievano poi le istanze dei propri elettori e le traducevano in studi accurati e POI in proposte di legge che si discutevano allo sfinimento, ma che riuscivano così ad arrivare a un solido e duraturo compromesso per il bene del paese e quindi di tutti. 
Questo fino al 1994.


6. Esistevano i bar e non i social. Luoghi meravigliosi in cui poter sparar cazzate e rutti che però lì rimanevano.


7. Si viveva in strada. Con gli amici e la compagnia non era un branco. Al tempo era più facile autodistruggersi che distruggere qualcuno.


8. Il livello musicale?… Va beh! si veniva dal beat, il rock, il ’68 e gli anni ’70.


9. il livello culturale? … Va beh! si veniva dal beat, il rock, il ’68 e gli anni ’70.


10. Merenda significava pezzo di pane con cioccolata (dopo pasqua) oppure una frutta. Paranoie zero. A noi ci davano i ghiaccioli colorati col plutonio, giocavamo con l’eternit e il DDT e ricordo una volta che ci lanciammo dal secondo piano di un palazzo afferrandoci alla cima di un cipresso per atterrare morbidi e quello non è stato tra i giochi più pericolosi.


11. Uscivi di casa e potevi essere rapito dagli alieni, inciampare in una fluttuazione spazio-tempo, potevi essere colpito da un meteorite, rapito dall’anonima sarda… cazzi tuoi! Alle 19,30 dovevi essere a casa e nascondere accuratamente le ginocchia maciullate, tagli, lividi e mutilazioni.


12. A 18 anni o studi o lavori. Nel primo caso rimani a casa (e studi!) nel secondo te ne vai e ti fai la tua vita (a spese tue).


13. Essere comunisti significava (sempre) stare dalla parte del più debole e delle ragioni della Democrazia, non essere ipocriti, non rubare, e lavorare sodo (TUTTI) per una società migliore. Punto.


14. Ci hanno poi detto una serie di cazzate sesquipedali. “Le bugie hanno le gambe corte”, “il cattivo la paga sempre”, “si diventa ciechi”, “niente bagno per due ore dopo mangiato”, ma l’ultima è però “stupida” ma giusta, “maschilista” ma sacrosanta: le donne si proteggono e si rispettano. SEMPRE.

A volte, da adolescenti, è roba complicata… ma sbagli, impari, chiedi scusa e vai avanti.


15. Si guadagnava dal lavoro e non dal capitale. I lavoratori avevano dei diritti e se non li rispettavi si incazzavano.



Poi è arrivato altro.

Dal 1980: La televisione commerciale, Drive In, i paninari, la Milano da bere, Mani Pulite, Falcone e Borsellino e i fascisti al governo con la lega, i brutti fatti di Genova, l’illuminato, il diversamente statista di Rignano… L’Italia migliore da allora è franata e scomparsa.



Prima del 1980 e fino a quel momento c’era una cosa fondamentale:
l’IDENTITÀ COLLETTIVA.

In altre parole era ben chiaro che nell’unione c’è la forza, che i diritti di una collettività sono di gran lunga più importanti di quelli del singolo.
È di quegli anni è il piano di rinascita di Licio Gelli e la sua P2. C’erano -  guarda il caso! - la mafia, l’estrema destra, Berlusconi e tutto il gota dell’Esercito e della finanza.
Hanno vinto loro, ha perso l’Italia.
 


Prima del 1980 non c’era il culto sacrale per l’individualismo, non avevano questa oceanica diffusione i disturbi dell’area narcisistica, non c’era questa ossessione per l’ego. L’Io era sempre soggetto al noi.


Quindi quello che abbiamo di fronte non è un problema psicologico ma sociologico. È la nostra società malata a generare disagio e i ragazzi che sono l’antenna più sensibile e fragile, lo captano e ritrasmettono per primi.
Stiamo abbandonando a sé stessa un’intera generazione in una vasca di squali da noi stessi creata tranne poi lamentarci che mordono anche loro.



La modernità ci riporta questa narrazione, furba e falsa, che tutto dipenda da noi, che volere è potere, il mito cretino dei vincenti e perdenti, questa idiozia che basta volere una cosa e la si ottiene (e che se non ci riesci è comunque colpa tua).

Bene! Tutto questo pensiero è   L E T A M E .

Questa roba genera solo sconfitti. Individualisti malati, gente inutile se non dannosa, iper-specializzata ma empaticamente analfabeta, narcisisti ossessionati dal potere e terrorizzati da ciò che non pianificano e controllano, sempre alla ricerca del confronto col peggio per sentirsi migliori.

Una società individualistica  è strutturalmente incapace di affrontare la complessità.

L’idea, sempre più diffusa, di una società verticale e verticistica, che demanda a un leader carismatico (in genere semplicemente scaltro e furbo)  tutto quello che essa stessa rinuncia a capire o che si accorge di non saper affrontare, è semplicemente suicida.
La collettività dovrebbe curare la formazione del suo futuro (i ragazzi), dovrebbe assicurare meritocrazia, garantire la legalità, pretendere il rispetto sacrale della propria Carta Costituzionale.

E invece non riusciamo più ad affrontare problemi complessi e nemmeno un banale pensiero strategico, strutturato. Nulla.
Abbiamo resettato la scuola pubblica, la sanità pubblica, la committenza pubblica nella cultura e ideologizzato tutto.

Basti guardare, tra le centinaia di orrori,  al nuovo commissario del parco naturale di Pantelleria, il giornalista sportivo Cucci detto “il federale”. Nessuna competenza ambientale, direttiva, imprenditoriale…

Abbiamo milioni di opinionisti che evidentemente sopravvalutano le proprie capacità intellettuali che a malapena avrebbero accesso al bar dello Scrondo e ad alcuni di questi abbiamo dato incarichi di governo.
Questa è la realtà.

Così, mentre cresce la paura degli altri, ci accorgiamo che “gli altri” siamo noi.

Questione di identità… Perdute
Valerio Perla


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