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Ragazzacci

  Certe età sono schive come animali selvatici. Per me, senza figli, gli unici osservatori possibili sono l’insegnamento e qualche amicizia, le persone, certe preziose e alcune pericolose. Ho un’ammirazione sovrumana per molti amici genitori e quando vedo quel che costa la battaglia quotidiana che affrontano per amore, mi sciolgo. Sarà che (per me) le parole sono importanti, chi poi, psicologi e insegnanti, guarisce e fa crescere le persone con, appunto, la sola forza delle parole, ha il mio incontrastato amore. I ragazzi vivono un mondo a loro fortemente ostile, un oggi narcisista e paranoico, saccente, ignorante e presuntuoso, ladro e infame, che a ogni passo propone un tutorial sulla “giusta” maniera per risolvere le cose. Alla fine, c’è sempre qualcuno al mondo che gli/ci toglie la preziosa illusione di essere i migliori, la personalissima progressione necessaria per cercare di esserlo. Tutto è diventato pericolosamente binario: vincenti/perdenti, bianchi/neri, giust
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L’indifferenza uccide

Cosa è più terribile? La guerra o l’indifferenza? Cosa feriscono e uccidono di più, le bombe o quelli che decidono di lanciarle? Bestie sono diventati i bambini. Da ammazzare, cancellarne persino la vista e il suono dell’innocenza. Oramai stiamo arrivando a grandi passi verso i 4000 bambini morti nel genocidio dei palestinesi, assassinati dagli israeliani. Il termine giusto per chi uccide un bambino è questo: "assassinio", ed è senza se e senza ma, un crimine. Quattromila innocenti assoluti sterminati con freddezza con un bottone schiacciato da lontano, con noi tutti che guardiamo da un’altra parte, che ragioniamo ed esprimiamo dotte differenze, pelosi distinguo, ipocrite parole. Loro muoiono nel fragore di una bomba, spappolati, schiacciati e smembrati, noi si blatera di diritti e civiltà, di democrazie e di giustizia. Le parole sulle labbra dei loro assassini, israeliani e americani, diventano una poltiglia informe e maleodorante. Come ai tempi del nazismo si è superato il

Inutili file

Fossero stati i nostri padri o i nostri figli e figlie sotto quelle bombe cosa avremmo fatto? Contro gli stati più spietati e armati del pianeta, contro “l’appoggio incondizionato” di tutti gli altri occidentali, cosa avremmo fatto? Cosa avremmo fatto con i nostri figli che piangono disperati senza acqua e senza cibo, con le bombe che cadono continuamente, in una guerra tra Hamas e Israele che, a noi palestinesi moderati, non ci riguarda, cosa avremmo fatto? Io avrei fatto la cosa più sconvolgente e dolorosa di sempre: avrei raccolto i cadaveri dei duemila bambini uccisi e, avvolti nei piccoli sudari bianchi, li avrei depositati in una lunga fila al confine, davanti ai loro assassini. Solo dei bambini quella fila sarebbe stata lunga due chilometri (Duemila metri! Bestie maledette!) ma se ci aggiungessimo i civili incolpevoli, quello straziante sentiero raggiungerebbe i cinque/sei chilometri. Dalla parte opposta a quell'infame muro aggiungerei il chilometro e mezzo di morti israelia

Lupi distratti e agnelli mannari.

Non è democrazia un sistema che genera disperati, che manipola le opinioni, che impone le sue regole come derivate dal destino. Non è il pensiero differente il nemico, non il dubbio, non il cambiamento, la rivoluzione. Sono parole queste che riguardano sia Hamas che la Jihad, sia la Russia che gli Stati Uniti e questo fa pensare. Chi ha mai eletto gli Stati Uniti come guardiani e poliziotti del mondo? Chi se non il capitalismo e il liberismo esasperato, imposto con la violenza, ha creato lo sfruttamento e l’impoverimento dei molti a favore dell’arricchimento inimmaginabile dei pochi? Chi parla di popolo per dare poi tutto alle multinazionali? Non è democrazia quella che ha due pesi e cinquanta misure nel giudicare e condannare le ingiustizie e i crimini. Non è democrazia quella che confonde il profitto con l'evoluzione. Mettiamoci nei panni dei palestinesi: sfrattati con violenza dalle loro terre, trattati come bestie, rinchiusi e decimati in territori sempre più piccoli e poveri.

Pietà l'è morta.

Guardatelo negli occhi, se potete, quel bimbo spaventato, quella bimba disperata. Le ultime notizie portano a 1000 (MILLE!) il numero di bambini trucidati a Gaza e, adesso, di un ospedale colpito con centinaia di persone morte, lì dentro ricoverate. I decessi ad oggi a Gaza superano le tremila persone mentr e i vivi bevono acqua salata e aspettano di morire. 1000 Bambini 1600 Civili, donne e anziani. Forse 400 militari. 3000 morti. Ditemi: è una guerra o un genocidio? Tutti sono morti per vendetta, senza giustizia né umanità, senza un processo, l'80% di loro senza colpe e nemmeno speranze; morti innocenti e di questi, uno per uno, sono crimini di guerra, brutali e ignobili assassinii. Si chiama "guerra" quando una delle parti , quella dei maledetti assassini islamisti, è senza carri armati, artiglieria, marina e aviazione? Si chiama guerra questo tiro al segno tra i civili? Si può sperare in una giustizia quando l'immensa spietatezza dei dominatori possiede le bomb

Dalla parte sbagliata della storia.

  Oramai è chiaro anche ai sassi che ai crimini di guerra di Hamas, Israele sta rispondendo con altrettanti crimini di guerra ma della dimensione e la violenta efferatezza di un genocidio. Nulla mai giustificherà i settecento bambini per ora sterminati e le migliaia di civili incolpevoli uccisi, la violenza delle annessioni forzate di territori palestinesi e l’arroganza e il disprezzo oramai carattere distintivo di un popolo al completo sbando etico e morale. Nulla mai giustificherà Hamas e gli altri carnefici della Jihad per gli assassinii commessi e per avere immolato un intero popolo, quello palestinese, alla propria cieca bestialità, alla presunzione, all’ignoranza. Mai nessuno giustificherà il baratro morale dell’appoggio incondizionato a Israele dato dagli Stati Uniti, dall’Unione europea, gli occhi chiusi e il viso girato altrove rispetto a questa carneficina, alle istanze di giustizia del popolo palestinese da settant’anni a questa parte ignorate. Siamo tornati d

La giusta distanza

  Le immagini delle guerre sono sempre le stesse. Ci sono uomini e donne a cui è stato insegnato a uccidere, come macchine come automi, che a distanza di chilometri premono un bottone e poi si complimentano felici. Good Job! E sorridono con le zanne scintillanti. Ci sono paesaggi lunari devastati dalle esplosioni e foto di militari super equipaggiati perché con milioni di dollari spesi per uccidere sempre meglio anche l’occhio vuole la sua parte. Ci sono le foto delle esplosioni, di globi di fuoco immobili e quasi belli. Carri armati, aerei e dichiarazioni, parole e ancora parole sempre più vuote e false. Si scendesse dai telefonini, si scoprisse d’esser lì, si verrebbe annientati dal rumore. Quello dei missili, delle bombe delle urla disperate di chi si regge gli intestini e implora di morire. Le urla di un padre disperato con in braccio un piccolo fagotto avvolto in un lenzuolo insanguinato che implora un impossibile aiuto. Gli ospedali sono pieni, la corrente elettrica non c’é e nem

L'eterno orrore del colonnello Kurtz

  Nella striscia di Gaza sta avvenendo un vero genocidio. Sottoposti a bombardamenti per niente selettivi interi quartieri sono stati rasi al suolo. In questo momento circa 400.000 persone su due milioni, non hanno un posto dove ripararsi e il numero è destinato ad aumentare di ora in ora. Vivono come fantasmi uomini, donne, vecchi e bambini in una città senza acqua e corrente elettrica in balia dei bombardamenti e dell’imminente invasione israeliana. Nessuno può uscire da quei territori. Solo aspettare di essere massacrato. Hanno qualche colpa da espiare? No. Nessuna. Non hanno nessuna colpa i bambini e i civili, coloro che da settant’anni aspettano giustizia, il riconoscimento di almeno un pezzo della loro patria usurpata. L’applicazione delle risoluzioni dell’ONU in loro difesa. Nulla. Vince la legge del più forte e più furbo e mi fa veramente schifo l’ipocrisia ignobile che riempie le pagine di quasi tutta la stampa nostrana. A quanto risulta da numerose testimonianz

Azione/Reazione

  Azione/Reazione. Fermare il mare con le dita non si può e nemmeno svuotarlo col secchiello. Vallo a spiegare al bambino… No! Nemmeno le onde si possono annullare! Perché all’origine delle stesse c’é un vento lontanissimo che da brivido sul mare si è trasformato in onda. Impossibili da spiegargli sono le diverse maree e il flusso complesso delle correnti. La mar (Il mare), come la natura, non sono cattive e nemmeno ostili solo perché si dimostrano incompatibili con le nostre pretese. Questione di punti di vista. Questione di cosa mi focalizzo sia centrale e, fidatevi, l’umanità, non lo è! Tutte le volte che l’uomo lascia campo libero alla sua arroganza, al potere illusorio della tecnica al servizio del profitto inevitabilmente si scende un gradino. La natura, che è la vita stessa, è un sistema di impressionante complessità che non ammette cose umane come la stupidità, la cattiveria, l’ipocrisia. 
L’essere umano col suo raziocinio ha la presunzione di poter fare e disfare sulla base de

Flussi e benedette turbolenze

  Uno studio su Nature descrive la perfezione e funzionalità delle turbolenze del flusso sanguigno nelle arterie aortiche dell’essere umano. Stupiscono sempre queste riprove sugli adattamenti funzionali, sulle invisibili correlazioni, sugli equilibri impalpabili. In qualche modo, spesso invisibile, ogni cosa ha insomma una logica, una funzione che esiste e agisce anche a nostra insaputa. Per ottenere questo, a madre natura, sono stati necessari milioni di anni di cambiamenti e relativi adattamenti, di errori e correzioni, ma... Niente! L’essere umano, come un adolescente non particolarmente dotato e con la velocità impressa dalla tecnologia, si illude di poter giocare a fare Manitú. “Ci vuol delicatezza, attenzione e molta pazienza” questo mi diceva mia mamma quando da piccolo mi insegnava a infilare il filo nella cruna dell’ago. Credo sia valida come lezione di vita perché così è in ogni cosa: ci vorrebbe il suo tempo. Senza barare! Perché a ogni azione corrisponderà una reazione. G

Scrittori, editor, writer coach, writing trainer…

Scrivere è cosa delicata e bellissima. Ci si “schiacciano” le ore guardando nel vuoto, oppure osservarvando ogni dettaglio da infiniti punti di vista e riconoscendo quale tra questi risuona abbastanza da trasformarsi in emozione; quali, la memoria e il tuo demone, si affannano a riproporti maniacalmente. Trasformare tutto questo in parole per alcuni è facile e per altri meno, ma rimane sempre una meraviglia in bilico tra equilibristi e domatori. Il proprio scritto, parlo per quel che mi riguarda, è quindi una continua sfida di sottili e impalpabili equilibri tra emozione e sottrazione, tra colore sottinteso e luce manifesta. Tutto questo, governato dai ritmi complessi scanditi dalle - per me incomprensibili - virgole, dai dubbi etimologici e grammaticali, dalla necessità di arrivare a una sintesi tra ritmo, melodia e armonia delle parole. Il risultato è sofferto e psichiatricamente in equilibrio tra convinzione e dubbio. Capirete quindi che una figura terza è esiziale. La complessità d

Quel che non sappiamo.

  Quel che non sappiamo e, ancor peggio, quello che presupponiamo di sapere, ci domina e inquina. Maledizione! “So di non sapere” pare dicesse Socrate, un paradosso potentissimo, che ribolle di autoironia e quindi di intelligenza sottile e acuminata.
 Uhhh quanto ci prendiamo sul serio alle volte! Con le nostre convinzioni granitiche, con la necessità di costruirci l’altarino dal quale bacchettare sentenze e incolonnare i buoni e i cattivi, il giusto e lo sbagliato. Mettiamoci anche il carico degli anni che ci illude che tutto abbiam già visto e tutto comprendiamo…
 Che pretese di sapere ci hanno inculcato? A quali insicurezze abbiamo permesso di dominarci così tanto? Quali sono i cattivi maestri (quelli sì da scrivere sulla lavagna!) che sono scivolati, che hanno disatteso, frainteso e infine annichilito i nostri talenti, le nostre possibilità? La nostra inestimabile “Recherche”. Ho troppi anni addosso per non vedere alle mie spalle tutte le certezze naufragate e trasformate, i fecond

La bellezza degli sbagli.

  "Rimandare è la scusa dei perdenti! I vincenti non hanno paura di perdere! Trasforma i tuoi problemi in vittorie! I vincenti sono persone determinate! Sei nato per vincere, devi pianificarlo, prepararti e aspettarti di vincere!   I vincenti fanno quello che i perdenti non vogliono fare, I perdenti si fissano sui vincitori, I vincenti non mollano mai!" Bene! Anzi... Male! Dopo questa sacchettata di velenoso letame motivazionale e profondo disagio psicologico, ragioniamo. Anche basta con questa favola orribile dei vincenti e dei perdenti. Questa robaccia genera solo sconfitti. Fatevene una ragione. Oggi voglio parlarvi dell’importanza degli errori, dei tentativi mal riusciti, delle situazioni spurie ma NON dalla solita e altrettanto tossica visione individuale ma, invece, dalla decisamente più importante, visione collettiva; quella che cambia i destini attraverso la potenza e la diversità delle sue storie. Partiamo dagli Stati Uniti dell’immediato dopoguerra animati dal

Quel che vale

  Vale più ciò che cerchiamo di afferrare senza riuscirci, quello che non possediamo, quello che ci sfugge per come siamo e ci spinge a ripensarci. Vale più correre a perdifiato incontro all’amore senza nemmeno capirne la ragione e in un rotolare di sassi ritrovare anche solo per un momento il sorriso d’una felicità bambina. Oppure val più scappare per dar ragione a una paura ignota? Sentire nella distanza la propria salvezza e nella trasmutazione il definitivo abbandono. Val più voltarsi solo all’ultimo indietro e lasciare in una lacrima tutte le risposte e in un fruscio tutte le parole? Rimane un cespuglio di alloro della piccola ninfa spensierata Daphne. Un tremore indifeso all’ingiustizia e alle colpe altrui. Per la protervia di Apollo, per la vendetta di Amore e per quelle colpe che alle donne hanno sempre cercato d’addossare e che le costringono a scomparire.   Valerio Perla

Quel che rappresentiamo.

   Tutto giusto! Ciascuno cerca di rappresentarsi come meglio può, evidenziando i propri pregi, le proprie utilità e nascondendo il resto, il lato oscuro, le sgradevolezze, le brutture e le miserie. Tutto giusto! (?) Poi si ha a che fare col rutilante mondo social. Prendi un like e sei contento, ne prendi cento, wow!, Ne prendi mille, cinquemila, ventimila, super wow… Però, mi viene da pensare: Il paese dove vivo ha 15.000 abitanti. Un piccolo paesino d’una provincia che ne ha 420.000 di abitanti, in una regione (la Toscana) che, sempre di abitanti, ne ha 3.7000.000, in una nazione che ne ha 59.000.000. Uff! La relatività dei numeri dei social è imbarazzante. Mettiamo che prendo un megafono e vado in piazza e mi metto a urlare quello che le persone vogliono sentirsi dire, che so?: “Basta tasse”, “Più soldi per tutti”, “Benzina meno cara”. In un attimo, prima che arrivi la neuro, avrei tutti quelli a portata di megafono (centro storico… almeno 5/7000 persone) dalla mia. Super wow! Quant

Certi giorni.

    Certi giorni erano date. Certi giorni erano importanti per le persone che contavano per noi. Certi giorni contavano per amore. Poi, scomparse le persone, tornano giorni quelle date. Rimane la tessitura dei ricordi che, con la nitidezza d’una foto, ferma per sempre un tempo e fa sembrare squilibrati e vuoti i nostri giorni. È il peso dell’amore quello che trasforma in date i giorni e in nostalgia l’assenza. Auguri “Babo”.

La differenza.

  La differenza la facciamo noi tra semplificare e banalizzare, tra far silenzio e ascoltare, tra essere e apparire, tra il creder di capire e il non comprendere, tra convinzioni e stupidità. La differenza ci attraversa tra vendetta e giustizia, tra conoscenza e sapere, tra i fatti e le opinioni, nel peso specifico delle parole, tra sincerità intellettuale e ipocrisia.  La differenza sta tra la consuetudine e l’abitudine, tra vedere e guardare, tra volare e cadere, tra fare ed eseguire, tra il vivere e il sopravviversi. La differenza tra te e me, tra adesso e appena un secondo fa, tra quel che tu hai accettato e io no, tra quel che ho dato e quel che hai preso. Per altri la differenza è tra la vita e la morte, tra scappare e partire, tra futuro e presente, tra la fine e nessuna speranza. Per altri la differenza siamo noi. La differenza la fa chi sceglie, chi ragiona e pensa, chi partecipa nel lato giusto della storia e non nel più conveniente, non nel più orribile. La differenza è la s

La mia utopia necessaria.

  Il mondo è bellissimo, l’umanità, a volte, è abbastanza orrenda. In questa affermazione c’è una condanna: l’equilibrio che regge l’umanità, nei rapporti tra i popoli, è una pozza di sangue e di orrore. Il potere, l’accaparramento delle risorse e l’argine al potere altrui, sono e rimangono la centralità nelle tessiture diplomatiche tra nazioni. C’è una relazione tra questo e lo sdoganamento collettivo della violenza, della crudeltà? Oppure sono fenomeni in costante simbiosi? L’ultimo caso, quello di Prigozhin, è solo uno dei tanti. Intendiamoci: non ho nessun dispiacere per la sua fine, era un assassino a capo di un’organizzazione di assassini e al servizio di un altro assassino, ma il vedere tutte le diplomazie mondiali comportarsi come altrettante bande di assassini, non riesco ad accettarlo come normale. Non sono uno sciocco, ma voglio qui mettere l’accento sulla necessità della forza rivoluzionaria delle utopie e degli ideali. Gli ultimi decenni hanno subdolamente svuotato il sens